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Messina, all’Arena Cicciò del Palacultura in scena “La Scelta”

Oggi, lunedì 5 agosto, alle ore 21.30, nella cornice dell’Arena Cicciò, la terrazza del Palacultura Antonello di Messina, andrà in scena lo spettacolo teatrale “La Scelta”, appuntamento inserito nel cartellone dell’agosto messinese promosso dall’Amministrazione comunale.  Lo spettacolo teatrale con la drammaturgia di Francesco D’Alfonso liberamente tratta da Eschilo e Ghiannis Ritsos, interpretata da Irene Ciani e Matteo Santinelli è promossa dall’associazione Medfort.

MedFort, in occasione del Meet Tourism dello Stretto, ha presentato il progetto “Ulisse Le rotte dei miti”, un progetto che, prendendo ispirazione dall’eroe omerico, percorre diverse tappe che portano alla conoscenza approfondita del territorio dello Stretto, delle sue potenzialità, del suo passato e del suo futuro. Un percorso in divenire, un itinerario per conoscere e valorizzare ulteriormente patrimonio culturale dello Stretto con l’obiettivo di promuovere la civiltà antica nonchè la conoscenza, il recupero e la fruizione del patrimonio fortificato dello Stretto di ogni epoca.

Dopo l’esperienza militare in un paese di guerra, Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, torna a casa insieme al silenzioso e inseparabile Pilade. La terra lasciata molti anni prima sembra non appartenergli più, è corrotta da riti vecchi, insensati, e pervasa da un lamento incessante: la voce della sorella Elettra, che ulula la sua ossessione di vendetta contro la madre, rea di avere ucciso Agamennone. Secondo la tradizione, a Oreste toccherebbe il compito di vendicare la morte del padre: ma il ragazzo è ormai estraneo al ruolo che gli è stato assegnato in questa cruenta faida familiare. Mentre Elettra continua ad affondare nelle sabbie mobili del passato, venerando la tomba del padre e invocando un arcaico concetto di giustizia, Oreste è un ragazzo del presente, intimamente lacerato tra volere e dovere, che non chiede ipoteche sul futuro e rifiuta l’appello “esorbitante”, “ridicolo” di sua sorella. Egli sa che con il destino si deve mediare, perché la vita non è un manuale di vendetta, ma è il tempo della conoscenza e della lotta per la libertà. È il tempo in cui dovrà compiere, da solo, la sua scelta.

“Elettra e Oreste sono due personaggi estremamente complessi e moderni – spiega il drammaturgo e regista D’Alfonso – che, pur essendo legati dal sacro vincolo del sangue, rappresentano due mondi che si oppongono e che appaiono incomunicabili tra loro. Nella lunga notte del ritorno di Oreste, i due fratelli non parleranno mai tra di tra di loro: a fronte della giustizia arcaica sbandierata da Elettra, basata sulla vendetta, e quindi non idonea a interrompere un’infinita spirale di sangue, Oreste è portatore di un’etica senza tempo, di un’ideale di giustizia che promana dall’amore e non dall’odio. Ed è questa giustizia, che bandisce come barbaro l’uso della violenza, la sola che può costruire una società civile, in cui le tradizioni non sono più feticci e visioni distorte del passato, ma tesori per costruire un futuro migliore”. “Nelle Coefore di Eschilo Oreste è impietrito dal dubbio: uccidere sua madre, per compensare l’assassinio del padre – l’inumano gesto di trafiggere il seno che l’aveva nutrito – o lasciare invendicato il padre umiliato dalla scure materna – il crollo di ogni valore etico e politico –? Al tempo del mito, un dio interveniva e scuoteva la volontà di Oreste, armando la sua mano; ai giorni nostri il ragazzo, dopo aver compiuto un tormentato percorso interiore che lo porta a capire sé stesso e il mondo che lo circonda, riconosce il suo destino e si sente, finalmente, un uomo libero. Sullo sfondo di questa mia personale riscrittura – partendo delle tragedie eschilee e attingendo dai versi del poeta greco Ghiannis Ritsos (1909-1990) – che aveva cantato la vita spogliata dalla sua mitologia, dai suoi eroismi ipocriti, forieri soltanto di delusione, di ideali falliti, di distruzione – c’è la Sicilia con Messina, arsa dal sole estivo, battuta dallo scirocco, coi suoi profumi, i suoi colori, la sua dura bellezza, gli echi dei suoi canti e delle sue antichissime tradizioni”, così conclude D’Alfonso.

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